La crisi dell’Unione Europea
L'acuirsi del fenomeno migratorio ha comportato un grave stallo istituzionale dentro l'UE. Da alcuni anni gli Stati membri discutono di come superare l’attuale sistema di Dublino senza trovare un accordo.
All'apice della crisi sulla rotta balcanica, la catastrofe umanitaria è stata evitata grazie alla scelta unilaterale - e non quindi ad una decisione delle istituzioni europee - della cancelliera tedesca Angela Merkel che il 5 settembre 2015 ha aperto le porte della Germania ai profughi che si ammassavano nei Balcani.
Testimonianza della profonda lacerazione politica dell’UE è stata anche l'iniziativa dell'Austria che nel febbraio 2016 si è resa protagonista di un'azione regionale per bloccare i migranti alla frontiera più lontana, ovvero quella greco-macedone. Vienna
ha infatti convocato una serie di riunioni intergovernative con i paesi del sud-est Europa escludendo dal tavolo negoziale tanto la Grecia quanto la Commissione Europea.
Il primo provvedimento significativo da parte delle istituzioni comunitarie - ovvero la decisione da parte del Consiglio dei Ministri dell’UE di introdurre un meccanismo ponderato per la redistribuzione dei migranti - benché riguardasse solo 160.000 richiedenti asilo non ha trovato ancor oggi significativa attuazione. Nella primavera del 2017, la Commissione Europea ha avviato procedure di infrazione contro i paesi che si rifiutano di dare corso alla decisione.
"Wir shaffen das” (ce la facciamo) è la frase pronunciata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel in merito all’accoglienza dei rifugiati in Germania nella conferenza stampa del 31 agosto 2015. È considerato uno slogan della "nuova cultura dell'accoglienza"