3. Una pluralità di minacce e di aggressori

Analizzando i dati emersi dal proprio lavoro di monitoraggio, Index on Censorship nel report Demonising the Media: Threats to Journalists in Europe (novembre 2018) evidenzia dati preoccupanti:

I diversi volti delle minacce rivolte ai giornalisti in Europa


I diversi volti delle minacce

In generale, le violazioni provengono da una pluralità di soggetti - establishment politico e apparati dello stato, interessi commerciali, organizzazioni criminali, altre fonti casuali e imprevedibili. Assumono inoltre molte forme diverse.

  • Attacchi fisici e intimidazioni

Gli attacchi fisici contro i giornalisti sono aumentati in Europa negli ultimi anni. Il Centro per la libertà della stampa e dei media (ECPMF) ha rilevato attacchi fisici contro 28 giornalisti in Germania, nei primi otto mesi del 2018. Ventisei di questi sono stati aggrediti durante raduni dell’estrema destra. Sotto questo aspetto, i giornalisti tedeschi si sono lamentati del fatto che la polizia non li ha protetti abbastanza dalle interferenze dei manifestanti.

In Italia, secondo i dati forniti da Ossigeno per l’Informazione (Osservatorio istituito nel 2008 con il patrocinio della FNSI e dell’Ordine nazionale dei Giornalisti per documentare e analizzare il crescendo di intimidazioni e minacce nei confronti dei giornalisti italiani) dal 2006 a oggi sono state segnalate oltre 3500 violazioni. Il 30% dei casi registrati nel 2017 consiste in “avvertimenti” - lettere, telefonate di minaccia, avvertimenti verbali.

  • Molestie online

Come tendenza globale, le molestie online, le minacce e gli insulti provenienti dai troll “normali” o professionisti sono un altro tema importante nel contesto della libertà dei media. Secondo un report di Reporter senza frontiere (RSF) del 2018, i giornalisti investigativi e le giornaliste hanno più probabilità di essere molestate. A volte gli attacchi dei troll e le molestie sistematiche sono organizzate da compagnie, gruppi terroristici o autorità pubbliche.

  • Campagne denigratorie e discorsi d'odio

In Ungheria la stragrande maggioranza dei media filo-governativi utilizza campagne diffamatorie contro i media indipendenti e singoli giornalisti, cercando di intimidire e screditare le poche voci critiche.

  • Perquisizioni e violazioni della segretezza delle fonti giornalistiche

Perquisizioni di domicilio (ad esempio il caso del giornalista de Il Fatto Quotidiano Marco Lillo); il sequestro di PC e degli archivi personali (è quanto accaduto al giornalista de Il Sole 24 Ore Nicola Borzi sospettato di aver rivelato un “segreto di stato”, anche se sono non state avanzate accuse formali nei confronti del giornalista).

  • Accesso alle informazioni negato

Un’altra violazione si verifica nei casi in cui ai giornalisti non viene permesso di accedere all'informazione. È un metodo di censura indotto che porta i giornalisti a mantenere la “cautela” di fronte alle fonti governative o legate al mondo del business, che altrimenti smettono di offrire informazioni o di parlare con la stampa.

  • Abuso delle leggi sulla diffamazione

La diffamazione è considerata reato in 22 su 28 Paesi UE (tutti tranne Cipro, Estonia, Finlandia, Croazia, Irlanda, Romania e il Regno Unito), e in molti di essi è ancora punibile con il carcere. In molti Paesi, come in Italia o in Croazia, accade frequentemente che un lavoro giornalistico che infastidisce venga attaccato in tribunale con l’accusa di diffamazione. Tali accuse sono spesso infondate, ma mirano a intimidire l'autore e/o la testata e indurre l'autocensura: è questo il fenomeno delle "denunce temerarie".

  • Abuso delle leggi sulla sorveglianza

L’attacco contro la rivista satirica francese Charlie Hebdo, nel gennaio 2015, ha suscitato un’ondata di indignazione in tutta Europa, accompagnata da altrettante voci autorevoli che hanno messo in questione la libertà di stampa, di espressione e i suoi limiti.

In diversi Paesi le autorità hanno approfittato dell’occasione per riaprire il dibattito sulla necessità di misure più severe contro i media o misure più severe riguardanti la sicurezza e la sorveglianza.

Il governo francese ha deciso di legalizzare la sorveglianza delle comunicazioni internazionali elettroniche da parte dei servizi segreti francesi, adottando una nuova legge sulla sorveglianza di massa.

Il Consiglio d’Europa (CoE) ha sottolineato come, nel contesto di sempre più complesse forme di terrorismo, la sorveglianza di massa può diventare un rischio per i diritti fondamentali relativi alla privacy e alla libertà di espressione tramite “l’intercettazione di grandi quantità di comunicazioni”. Questo tipo di sorveglianza “strategica” non nasce necessariamente dal sospetto nei confronti di un determinato individuo ed è intesa a identificare preventivamente un pericolo piuttosto che indagare un pericolo già noto, come invece avviene nel caso della sorveglianza “mirata”. Il CoE sottolinea inoltre che gli Stati non dispongono di poteri illimitati a riguardo e che secondo la Convenzione europea per i diritti dell’uomo (CEDU) la pratica di sorveglianza di massa dei cittadini è tollerabile soltanto se strettamente necessaria a proteggere le istituzioni democratiche.  

Per questo motivo - sottolinea sempre il CoE - gli Stati devono fare attenzione che lo sviluppo dei metodi di sorveglianza finalizzati alla raccolta di dati di massa sia accompagnato dal simultaneo sviluppo di garanzie giuridiche che assicurano il rispetto dei diritti umani.